RIABILITAZIONE EQUESTRE

ASSOCIAZIONE TERRITORIALE PER L’INTEGRAZIONE PASSO PASSO

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Introduzione

Il Servizio di NPIA intende attivare un progetto di Riabilitazione Equestre (R.E.)a favore di un gruppo di pazienti in carico, al fine di migliorarne l’interazione tra il corpo e le attività mentali, intellettive, affettive, per poter poi esprimere tale capacità in un contesto sociale.

L’obiettivo sarà quindi quello di aiutare i partecipanti, mediante esperienze sensomotorie che possono aiutare ad organizzare e modificare il vissuto corporeo, a raggiungere un controllo più armonico di sé, per avere una maggiore capacità di interazione con il mondo circostante.

La R.E. va intesa come un metodo terapeutico globale, in cui, attraverso la pratica di un’attività ludico-sportiva avente come mezzo il cavallo, l’individuo viene attivato nel suo intero complesso motorio, psichico, intellettivo e sociale, poiché non può sottrarsi ad una partecipazione attiva al percorso riabilitativo, sostenuto da una spinta motivazionale che ne favorisce il coinvolgimento.

Il progetto è stato elaborato e verrà svolto direttamente in campo dalla Dott.ssa Giovanna Mazzotta, Neuropsichiatra Infantile in servizio presso la UOS NPIA Casalecchio-Porretta e Coordinatore tecnico di Riabilitazione Equestre (Master Universitario di I° livello in R.E., Università di Firenze, Facoltà di Medicina e Chirurgia).

Obiettivi generali

Il cavallo rappresenta una presenza viva, concreta, affettiva, in grado di sollecitare sentimenti ed emozioni intense; il suo movimento trasmette una grandissima quantità di stimolazioni neurosensoriali al cavaliere, fornendo opportunità esperienziali attraverso afferenze visuo-spaziali, tattili, cinestesiche e propriocettive, che, integrate a livello centrale, contribuiscono ad una maturazione psicomotoria dell’individuo.
In particolare, l’ambiente del maneggio e la relazione con il cavallo sono ricchi di stimolazioni visive, olfattive, acustiche, tattili, emotive, che favoriscono il contatto con la realtà, la presa di coscienza di sé e del proprio corpo, inducendo una migliore organizzazione dello schema corporeo e del vissuto di sé in relazione agli altri.

Andare e soprattutto dirigere il proprio cavallo significa sapere dove si vuole andare (ovvero definire lo spazio) e per dove passare nello spazio percorso (cioè sapersi orientare). Per far muovere il cavallo il cavaliere deve saper organizzare i propri movimenti, stabilendone l’esatta sequenza e la precisa coordinazione e finalizzandoli ad uno scopo.

Il risultato sarà in ogni caso rapido e concreto e produrrà effetti immediati sul cavaliere o, meglio, sul rapporto cavallo-cavaliere. Se nella strategia dell’azione qualcosa non è stato messo in atto correttamente, il cavaliere se ne renderà subito conto da solo: il cavallo non si muove o la direzione non è quella richiesta.

Ma il mancato raggiungimento dell’obiettivo non sarà “punitivo” per il cavaliere perché la reazione del cavallo è sentita come reazione “naturale” di un animale, con il quale bisogna cercare modalità di comunicazione extraverbali perché possa comprendere ciò che desideriamo da lui. Sarà quindi necessario riconsiderare la propria azione e progettare, coordinare e organizzare le proprie competenze integrandole con adeguate strategie e schemi d’azione per raggiungere la meta.

Ciò favorisce l’uso cognitivo di un gesto e di un’azione e crea le condizioni per “sentire” e sviluppare fiducia e soddisfazione di sé.

Il cavallo rappresenta l’elemento centrale della relazione terapeutica. Ciò significa che il rapporto che si crea nell’ambito della terapia non è più tra paziente e terapista, ma diventa una relazione triangolare in cui il cavallo assume il ruolo di “co-terapeuta”.

Il cavallo interviene attivamente nella relazione, ma senza aggredire, segnalando al cavaliere ciò che gli è gradito e/o sgradito, ma senza offendere, umiliare, mortificare; non ha aspettative rispetto alla prestazione, reagisce nel qui e ora.

Il cavallo è vissuto come partner neutrale nella relazione; i naturali comportamenti e le reazioni istintive dell’animale ad alcuni comportamenti, soprattutto a quelli non desiderabili, creano un’esperienza di relazione “diretta” che viene vissuta dall’individuo senza carattere di giudizio o rivendicazione.

Ma il cavallo non è di per sé uno strumento terapeutico onnivalente, diventa tale solo con la mediazione del terapista, che ha il compito di regolare e organizzare in progressione terapeutica le modalità e l’intensità degli stimoli e gli input che provengono dal cavallo, per farli utilizzare al meglio dal paziente, al fine di evitare un effetto disorganizzatore e non strutturante, divenendo interprete e mediatore nella relazione che si crea tra il cavaliere e l’animale , sempre preservando l’aspetto ludico e sociale dell’esperienza.

Se è il cavallo che direttamente provoca sollecitazioni e situazioni particolari, il terapista ne diventa subito il sostegno emotivo e mentale: è infatti lui che deve riconoscere e far conoscere al paziente le cose che l’animale gli comunica e deve proporre risposte che permettano l’instaurarsi di un sempre più diretto rapporto tra cavallo e cavaliere. Spesso, e soprattutto all’inizio, il paziente si trova di fronte a difficoltà che non riesce a superare: compito del terapista è aiutarlo a trovare le modalità più adeguate a risolvere il problema, permettendogli di acquisire fiducia non solo nei confronti del cavallo, ma soprattutto verso di sé e nelle proprie capacità globali, adattandosi all’ambiente e accettando la realtà.

Il disabile spesso non è in grado (o la relazione di dipendenza prolungata dal care-giver non gli consente) di svolgere da solo le operazioni necessarie alla propria vita quotidiana. La R.E. favorisce un ribaltamento dei ruoli, sia per la partecipazione da protagonista richiesta “obbligatoriamente” dal montare a cavallo, sia perché è l’animale a richiedere disponibilità, cure, premure.

Ma la connotazione primaria dell’attività è il suo carattere ludico-sportivo: il paziente motivato a praticarla deve divertirsi. Ciò non significa che in ogni momento di ogni singola seduta egli debba provare soddisfazione, ma significa che vi deve essere un alternarsi di momenti di gioia e piacere, di rabbia e delusione; l’importante è che la situazione non sia mai ripetitiva, noiosa e prevedibile, ma che provochi sempre e comunque un’emozione, che stimoli le funzioni mentali e corporee.

Anche l’ambiente maneggio ha un ruolo fondamentale nel consentire il raggiungimento degli obiettivi desiderati. E’ un ambiente allargato, ma non pericoloso, bensì sicuro e protetto, dove le attività si concentrano sui cavalli e non sui pazienti, quindi molto lontano dal rassomigliare ad un ambiente medico/sanitario. Ciò che unisce gli individui che lo frequentano, con ruoli e capacità differenti, è il comune interesse per il cavallo.
L’esperienza del lavoro svolto in piccolo gruppo (se sarà possibile si formeranno gruppi di tre cavalieri in campo contemporaneamente) permette un diverso modo di rapportarsi e socializzare con l’altro, non vi è competizione ma stimolo reciproco, l’altro può essere modello ma i ruoli si possono invertire in qualsiasi momento, con il variare dell’attività. Ciascuno può fare il proprio percorso, ma insieme agli altri, condividendo le comuni difficoltà e sostenendosi nel superarle, soprattutto sempre mantenendo un comportamento responsabile nei confronti degli altri, per evitare spiacevoli incidenti, anche se possono insorgere sentimenti negativi, quali aggressività o antipatie.

Il gruppo non sarà costituito utilizzando un criterio di omogeneità diagnostica, ma soprattutto secondo il grado di sviluppo e delle capacità di partenza, così da poter proporre attività ed esercizi che siano utili e divertenti per tutti i componenti.

Sebbene si proponga la R.E. come momento terapeutico, non si intende per questo ritenerla sostitutiva di altre forme di trattamento riabilitativo, ma si ritiene piuttosto che possa essere considerata un’integrazione di esse. A sottolineare questo aspetto, si richiederà la partecipazione, nella stesura del progetto di lavoro di ciascun soggetto, del Referente sanitario e dei Tecnici della Riabilitazione che lo hanno in cura; gli stessi verranno invitati, nei limiti della loro disponibilità di tempo, ad effettuare delle osservazioni in Maneggio, almeno all’inizio e alla fine del periodo complessivo di lavoro.

Le fasi del progetto

La prima fase
La prima fase del progetto è rappresentata dall’individuazione dei pazienti in carico alla UOS NPIA Casalecchio –Porretta per i quali i Referenti sanitari, in collaborazione con i Tecnici di Riabilitazione, ritengono opportuna una proposta di Riabilitazione Equestre.

Per favorire una corretta valutazione, gli operatori del servizio hanno ricevuto un’informazione teorica di base sui principi, obiettivi, indicazioni e controindicazioni della R.E. e hanno avuto la possibilità di visionare materiale video su sedute di Ippoterapia e Rieducazione Equestre svolte da soggetti di diversa età e differente patologia.

Tenendo conto che il progetto potrà coinvolgere da otto a dodici soggetti, dopo la prima segnalazione si procederà ad una più approfondita riflessione sulle caratteristiche funzionali e le difficoltà di ciascun paziente, per poi verificare l’interesse e la disponibilità dei genitori e del bambino/ragazzo a svolgere l’attività a cavallo.

La seconda fase
Per favorire una consapevole adesione al progetto e valutare l’effettivo interesse delle famiglie, invitarle ad una “visita” al Centro Ippico individuato come sede dell’attività. Ciò darà modo di svolgere anche un’osservazione sulle modalità spontanee di avvicinamento al cavallo, potrà fare emergere eventuali paure dinanzi all’animale nella sua “concretezza”, stimolerà domande e riflessioni che metteranno in luce quali possono essere le aspettative del soggetto e dei genitori rispetto all’attività proposta.

La conoscenza diretta del bambino/ragazzo, da parte della Conduttrice dell’attività, coadiuvata dalle informazioni ricevute dai Referenti, permetterà anche di procedere alla formazione dei gruppetti secondo omogeneità funzionali e caratteristiche di personalità. Naturalmente si cercherà di tener conto, per quanto possibile, della disponibilità dei genitori ad accompagnare il figlio e di eventuali impegni scolastici o extra-scolastici già in corso.

La terza fase
Per i pazienti inseriti nel progetto si predisporrà una scheda clinica, nella quale saranno raccolti i dati anamnestici rilevanti, le terapie in atto e gli obiettivi personalizzati nell’ambito delle finalità generali del progetto.
Per poter valutare l’efficacia dell’intervento di Riabilitazione Equestre, si utilizzeranno griglie di osservazione e materiale testistico, prescelti in base alla patologia di base (esempio: Protocollo di valutazione dei disordini neuromotori, Scala Vineland, Check-list costruita utilizzando il sistema di classificazione ICF-CY).

Si richiederà ai genitori il consenso ad effettuare periodicamente riprese video, che saranno visionate e analizzate dal personale coinvolto nell’attività in campo, dai Referenti clinici, oltre che dai familiari, al solo scopo di monitorare l’andamento del lavoro e i risultati raggiunti.

Si propone l’avvio dell’attività in campo nel mese di Ottobre 2012, si proseguirà con cadenza settimanale fino alla metà di Giugno 2013, prevedendo un’interruzione, come da calendario scolastico, durante il periodo delle festività Natalizie e Pasquali.

Poiché l’attività si svolgerà in giornate prefissate, richiedendo una precisa organizzazione integrata con altre attività svolte nel Centro Ippico individuato, non sarà possibile un recupero di sedute di lavoro perse per motivi sanitari o personali dei partecipanti o della Conduttrice.

Si intende organizzare, al termine del periodo di intervento, una manifestazione/festa sociale, che coinvolga i partecipanti, i loro familiari e amici, che sia occasione per i primi di farsi ammirare, mostrando le competenze acquisite, in un “Saggio” di fine corso.

Metodologia di lavoro

L’attività di Riabilitazione Equestre si svolgerà in un Centro Ippico dotato di caratteristiche adeguate (è attualmente in corso l’individuazione della struttura), prime fra tutte la presenza di un maneggio coperto e di cavalli adatti al lavoro da svolgere, per caratteristiche morfologiche, di carattere e addestramento. Il Centro dovrà essere facilmente accessibile per tutti, dotato di locali idonei all’accoglienza e alla permanenza degli accompagnatori, di servizi igienici in buono stato di manutenzione.

Il maneggio coperto è indispensabile al fine di:
dare continuità alla terapia anche durante i mesi invernali, poiché solo la regolarità delle sedute offre buoni risultati;
i cavalli siano più attenti e disponibile e mantengano andature più costanti e regolari;
favorire l’attenzione e la concentrazione degli allievi.

Le dimensioni ottimali del maneggio sono di m.15×20, che potranno essere ottenute delimitando uno spazio all’interno di un rettangolo più ampio, con pilieri, barriere o catenelle.
All’interno del maneggio si appenderanno le lettere usate ufficialmente nel campo da Dressage, associate a disegni, per fornire precisi punti di riferimento che favoriscano l’orientamento spazio-temporale, aiutino a mantenere la direzione, siano punti di partenza o di arrivo per i giochi.

Si utilizzeranno inoltre barriere e pilieri, coni, palle, canestro, cerchi e altri giochi, per eseguire esercizi di ginnastica a cavallo, giochi di scambio, fornire l’occasione per proporre stimoli di natura linguistica e cognitiva agli allievi. Si potranno inoltre predisporre percorsi, con la richiesta di precise attività da svolgere in sequenza, per favorire l’attenzione, la memorizzazione, la messa in atto di strategie cognitive.
Il Centro dovrà essere dotato di una pedana per facilitare la salita a cavallo agli allievi che non possono, per disabilità fisica o altra caratteristica, effettuare la classica salita a cavallo con posizionamento del piede sinistro nella staffa posta alla sinistra del cavallo e scavalcamento posteriore della gamba destra.

Il cavallo verrà bardato con una “sella Inglese”, dotata dei requisiti basilari per favorire il raggiungimento di un corretto assetto, testiera e redini, così come nella classica “Monta Inglese”. Se necessario si userà un collare e/o una martingala.

A seconda degli obiettivi individuali e della fase di lavoro, si potrà anche usare un fascione da volteggio o si potrà decidere di fare delle sedute o alcuni momenti seguendo la tecnica del “maternage”(l’operatore siede a cavallo dietro al soggetto).

Agli allievi si chiederà, per motivi di sicurezza, di utilizzare il Cap (che potrà essere anche fornito dal Centro) e il corpetto, nel caso di conduzione autonoma del cavallo. Non sono invece indispensabili, anche se consigliate, calzature da equitazione (scarponcino basso con/senza gambali o stivali in gomma o cuoio) che possono essere sostituite da scarpe da ginnastica alte o scarponcini invernali. L’allievo potrà indossare pantaloni tipo jeans, che proteggano la gamba da abrasioni e da irritazioni provocate dal sudore del cavallo nelle giornate calde, maglietta, pile, giubbini a seconda della stagione. L’abbigliamento dovrà comunque favorire l’esecuzione di movimenti con gli arti superiori, inferiori, il tronco, senza correre il rischio di impigliarsi nella sella o in altre parti della bardatura.

La sessione di lavoro avrà inizio con il lavoro a terra di preparazione del cavallo (se reso possibile dalle caratteristiche funzionali del soggetto), proseguirà con la conduzione del cavallo a mano con la longhina, quindi la salita a cavallo, l’attività in sella (rilassamento-esercizi-giochi) e terminerà con una corretta discesa da cavallo, seguita dal saluto al compagno di lavoro (carota- zuccherino).

La durata complessiva della seduta sarà massimo di un’ora per ciascun allievo, fatti salvi adeguamenti per necessità particolari di singoli soggetti che indichino la necessità di abbreviare il tempo.
Il gruppo, come già accennato, sarà formato da massimo tre allievi e l’obiettivo è quello di svolgere un lavoro in sezione, cioè eseguendo contemporaneamente gli stessi esercizi. Si valuterà, una volta conosciuti i soggetti coinvolti, quanto ciò possa essere fatto fin dall’inizio dell’attività o debba rappresentare piuttosto un obiettivo da raggiungere nel breve, medio o lungo termine. In base a ciò si potrà definire la necessità di usufruire di personale ausiliario in campo, per salvaguardare l’integrità fisica degli allievi, prevenendo possibili incidenti, favorire l’attenzione e l’esecuzione delle attività proposte, fornendo il necessario sostegno concreto o verbale.

Nel caso che, per uno o più soggetti, la partecipazione all’attività di R.E. avvenga in orario scolastico e venga quindi inserita nel Piano Educativo Individualizzato, si cercheranno, assieme ai Referenti Scolastici, modalità atte a coinvolgere i compagni di classe, per far sì che divenga un’occasione a sostegno dell’integrazione e, soprattutto, per fare emergere anche dinanzi ai coetanei capacità e competenze diverse da quelle evidenziate nel percorso di apprendimento scolastico, spesso penalizzanti l’immagine del disabile agli occhi degli altri.

Preventivo dei costi

Non vi sarà alcun onere economico da prevedere per remunerare l’impegno della conduttrice dell’intervento, Dr.ssa Giovanna Mazzotta, poiché questo sarà svolto in orario di servizio, quindi a carico della UOC NPIA, al pari delle altre attività cliniche e terapeutiche, dirette e indirette, svolte presso gli ambulatori di pertinenza.
Nel caso sia necessaria la presenza di personale ausiliario in campo, si esplorerà la possibilità di attingere a risorse già previste per il soggetto interessato (Educatori Professionali in ambito sanitario o sociale) purché abbiano ricevuto una formazione specifica sulla R.E. o abbiano almeno una sufficiente dimestichezza con l’ambiente e il cavallo, per poter operare in campo con la tranquillità necessaria, senza aver bisogno di una guida costante e di continui suggerimenti. Non si esclude la possibilità di far intervenire volontari o tirocinanti, con le stesse caratteristiche, purché sia garantita la massima regolarità possibile di partecipazione all’attività.
Nel caso sia necessario avvalersi di personale educativo e/o tecnici di equitazione, sempre all’interno di un rapporto individuale, al di là di quanto prima ipotizzato, è necessario prevedere un costo.
Ipotizzando un periodo di lavoro dalla prima settimana di Ottobre alla metà di Giugno per un totale di trentaquattro settimane, la spesa totale da preventivare per utente (esclusa la tessera e l’iscrizione al Centro Ippico, se si accetta la proposta avanzata) può variare dai 340/442 € senza intervento individuale di personale ausiliario ai 680/782 € se necessaria la presenza di personale ausiliario individuale.
Il materiale necessario allo svolgimento dell’attività (bardatura, attrezzature in campo, giochi, ecc.) verrà messo a disposizione dalla conduttrice dell’attività o reperito nel Centro Ippico.
Si auspica la possibilità di attingere a donazioni di Associazioni e Fondazioni, affinché la disponibilità economica familiare non rappresenti un criterio rilevante di esclusione o inclusione del bambino/ragazzo nel progetto.
Quanto proposto e indicato può, naturalmente, essere oggetto di ulteriori riflessioni e cambiamenti, fatti salvi gli elementi basilari del progetto, quali finalità e metodo di lavoro, caratteristiche essenziali del Centro Ippico.

Dr.ssa Giovanna Mazzotta
Neuropsichiatra Infantile
Coordinatore tecnico Progetto di R.E.

Bologna, 20 Agosto 2012